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L’identificazione delle persone: istituti giuridici e riferimenti di disciplina.

Un momento fondamentale, ma anche preliminare all’espletamento di successivi atti di polizia giudiziaria, ma non solo, è quello dell’identificazione.

In qualità di appartenenti a un corpo di polizia abbiamo molto spesso la necessità di addivenire a una compiuta identificazione di vari soggetti, per diverse ragioni e in numerosi atti del nostro ufficio: non soltanto quando dobbiamo procedere a sottoporre a indagini un autore di reato, bensì anche quando contestiamo a unsoggetto trasgressore un verbale ai sensi del Codice della Strada,oppure quando raccogliamo le dichiarazioni di un protagonista o di un testimone di sinistro stradale.

Tuttavia, l’identificazione di polizia giudiziaria, disciplinatadall’art. 349 C.P.P., è un atto dovuto a cui nessuno può sottrarsi e può avvenire in varie modalità: esibendo un idoneo documento di riconoscimento, declinando le proprie generalità, oppure, presso uffici opportunamente attrezzati, a mezzo di rilievi foto-dattiloscopici (cosiddetto “fotosegnalamento”). Contestualmente alla procedura di identificazione, alla persona sottoposta a indagini viene richiesto di dichiarare o eleggere un domiciliopresso il quale perverranno le future ed eventuali notificazioni correlate al procedimento.

Lo stesso art. 349 C.P.P., al comma 4, illustra tuttavia una fattispecie ulteriore: il soggetto nei cui confronti vengono svolte le indagini si rifiuta di farsi identificare (illecito penale ex art. 651 C.P.), oppure fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità (illeciti penali ex artt. 495-496 C.P.).

In tale circostanza viene in essere il cosiddetto “fermo per identificazione di polizia giudiziaria”: il soggetto viene accompagnato, anche coattivamente, presso gli uffici degliagenti operanti e ivi potrà essere trattenuto per il tempo strettamente necessario a compiere le opportune operazioni di identificazione, da espletarsi in 12 ore, prorogabili di ulteriori 12 ore in caso di procedura di identificazione particolarmente complessa.

Dell’accompagnamento e dell’orario in cui esso è stato posto in essere, così come in seguito dell’avvenuto rilascio, va notiziato il Pubblico Ministero, il quale può ordinare l’immediato rilascio della persona, qualora ne sussistano le condizioni.

Il fermo per identificazione di polizia giudiziaria non è tuttavia l’unico caso previsto dal nostro ordinamento: ne esistono ulteriori fattispecie che tuttavia non attengono alla qualifica di polizia giudiziaria, bensì alla funzione preventiva di polizia di sicurezza.

Una delle più frequenti applicazioni di quanto summenzionato è l’ipotesi disciplinata dall’art. 11 della L. 191/1978, il quale legittima da parte della polizia giudiziaria l’accompagnamentopresso gli uffici di un soggetto, al solo scopo di addivenire a una sua compiuta identificazione, laddove questi si rifiuti di dichiarare le proprie generalità, oppure ricorrano indizi sufficienti per ritenere che le generalità declinate o i documenti esibiti non siano genuini.

Anche in questo caso sono stabilite delle tempistiche: il trattenimento coattivo può avere una durata massima di 24 ore non prorogabili, nonché dell’orario di accompagnamento e in seguito di rilascio deve essere data notizia al Pubblico Ministero.Allo stesso modo, anche in questo caso è possibile procedere a identificare il soggetto fermato anche a mezzo di rilievi foto-dattiloscopici.

In conclusione: si applica l’art. 349 C.P. quando deve essere identificato l’indagato o il potenziale testimone di un reato; si applica invece l’art. 11 della L. 191/1978 in tutti gli altri casi in cui gli organi di polizia procedano all’identificazione di persone e ricorrano le condizioni per effettuare il loro accompagnamento ai fini identificativi.

Un’ulteriore tipologia di fermo con funzione preventiva è quello che riguarda il cittadino straniero (nella fattispecie non italiano e non europeo), disciplinato dall’art. 6 c. 4 del D.lgs. 286/1998, ai sensi del quale gli agenti e gli ufficiali di pubblica sicurezza sono legittimati a sottoporre il soggetto a opportuni rilievi foto-dattiloscopici, al fine di identificare compiutamente il cittadino straniero della cui identità vi è ragione di dubitare.

Ai sensi dello stesso art. 6 del D.lgs. 286/1998 è fatto obbligo per il cittadino straniero di esibire, alla richiesta degli agenti e ufficiali di pubblica sicurezza, un documento di riconoscimentocorredato da permesso di soggiorno o da altro idoneo titolo attestante la regolare permanenza sul territorio dello Stato, penalmente sanzionato in caso di inottemperanza con l’arresto fino a un anno e con l’ammenda fino a 2.000 Euro.

Tale fattispecie è sottoposta a suindicata procedura normativa al fine di avere controllo del fenomeno migratorio e sulla regolarità del soggiorno sul suolo italiano dei cittadini stranieri.

Un’ultima forma di fermo e di accompagnamento ai fini dell’identificazione è stabilita dall’art. 4 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. 773/1931 alias T.U.L.P.S.), secondo il quale è previsto che l’Autorità di Pubblica Sicurezza ordini che le persone pericolose o sospette (che hanno l’obbligo di esibire alla richiesta degli agenti e ufficiali di pubblica sicurezza un valido documento di riconoscimento), ovvero coloro che non sono in grado di comprovare la propria identità o si rifiutino di provarla, vengano sottoposte a rilievi segnaletici.

Eccetto dunque chi si rende responsabile del reato di cui all’art. 651 C.P., gli altri casi di cui sopra sono a puro scopo preventivo. Dal momento tuttavia che non vi è esplicita statuizione circa i tempi di trattenimento, si considera quanto sancito per l’art. 349 C.P.P., ossia 12 ore prorogabili di altre 12 ore in caso di identificazione particolarmente difficoltosa.


A cura della dott.ssa Eleonora Corrente


Si veda in tema, L. Giovarelli, Compendio di Polizis Giudiziaria, edizioni Simone, Napoli, II ed., 2022

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